Stasera allo Zaccheria ricomincia, dopo mesi di spasmodica attesa, il nuovo campionato del Foggia, questa volta targato Boscaglia.
Se ti chiami Foggia e giochi in serie C sei condannato a vincere per antonomasia. Nonostante più di vent’anni fra D, C2 e C, intervallati da quella “parentesi” cadetta illusoria, siamo comunque una piazza che per tifo è seconda solo alle grandi realtà metropolitane. Questo ci consente un vantaggio non trascurabile. Qui da noi un giocatore decente diventa spesso un buon giocatore, e un giocatore buono diventa sempre (o quasi) un ottimo giocatore.
L’ambiente ti esalta, ti fa sentire importante, poco meno di una star. Quel “quid” che consente all’atleta di dare sempre il 110% delle sue possibilità. Di esaltarsi e sentirsi protagonista come giocasse in A pur giocando in D. Prendiamo Schenetti, per esempio, uno a caso dei nuovi “top players” di recente arrivo. Buon giocatore, ottimo, ma che a Chiavari era poco più che un uomo qualunque. Uno che poteva fare la doppietta vincente la domenica e il lunedì fare la fila per prendersi la focaccia al formaggio senza che nessuno gli rivolgesse la parola. A Foggia se segni un gol che ti fa pareggiare al 90’ il giorno dopo non puoi mettere piedi in strada che nemmeno fossi Marilin Monroe a Broadway… Questo spesso fa la differenza.
E potrebbe farla anche per tutti i nuovi arrivi, tutti buoni calciatori, qualcuno più che buono. Curcio, il cui passaggio a Catanzaro ha fatto tanto rumore, prima di arrivare a Foggia, per presenze e gol fatti, era molto meno di D’Ursi (sulle cui qualità di realizzatore qualcuno ha espresso dei dubbi), eppure è esploso solo a Foggia, e già con Marchionni, non solo con Zeman.
La controindicazione? Devi partire bene, altrimenti sono dolori. Devi saper dare ottimismo al pubblico da subito. Poi è l’entusiasmo che fa tutto il resto. Questo “quid” che abbiamo noi, i milioni di Catanzaro e Crotone non possono comprarlo, tantomeno può venderlo Canonico. Teniamocelo stretto. Non è solo il dodicesimo uomo in campo del tifo, delle splendide e incomparabili curve ultrà, ma qualcosa di più… qualcosa che in America chiamerebbero la “luccicanza”… una specie di magia che sovente raddoppia le forze in campo ai nostri ragazzi e coinvolge d’entusiasmo noi sugli spalti. Per questo a Foggia niente è mai impossibile, nel bene o nel male, con il calcio.
Per questo ho fiducia, oggi come allora, che questa squadra, anche se ricostruita per largadato l’anima, ma non si sarebbero mai arresi al destino che li voleva condannati. E non si arresero.
La luccicanza altro non è che l’atmosfera che si respira a Foggia intorno al Foggia. Che diventa tanto più intensa quanto più ti avvicini allo Zaccheria. Che ti inebria quando ci entri, che ti toglie il fiato quando vedi quelle maglie scendere in campo a ricordarti antiche sfide fra Comuni e che ti fa sentire parte di quella sfida. È quest’atmosfera che ti trasforma e che sentono anche gli avversari, tanto forte da trasformare spesso anche loro. Certo, non basta, alla fine è il pallone che rotola, e non c’è magia che possa fermare una palla nemica che scivola in rete, o deviarne un’altra amica perchè non ne finisca fuori. Alla fine poi perdi o vinci perchè sono gli uomini a decidere il loro destino, non le magie.
Ma quella luccicanza sicuramente esiste e ci consente di avere sempre qualcosa in più degli altri, a parità di condizioni. Io tengo sempre conto di questo quando giudico il Foggia. Il Foggia di Marchionni, per la forza che aveva, non fosse stato a Foggia, per la vulgata non avrebbe mai raggiunto i play off, anzi, avrebbe rischiato i play out. Se ricordo i giudizi su quella squadra di allora, in tanti, tantissimi, visti i nomi e il mercato nostro e degli altri, erano certi avrebbe a dir poco faticato a salvarsi.
Se leggiamo cosa si diceva dopo tutte quelle sconfitte iniziali consecutive, c’era chi temeva addirittura non si arrivasse a fare 15 punti in tutto il campionato. Eppure in un attimo, in quel derby contro un Bari che si scommetteva avrebbe vinto con 4 o 5 gol di scarto, quel “quid” ha trasformato in eroi una squadra che giudicavamo meno che mediocre… e lì oltretutto non c’era neppure il dodicesimo uomo ad incoraggiarli (per il covid). Tuttavia sapevo avrebbero tutti dato l’anima in campo per non arrendersi. E non s’arresero.
Il Foggia che si appresta ad affrontare il Latina ha ben altra caratura e ambisce sin dall’inizio ad essere protagonista. Ha qualcosa in meno di Catanzaro e Crotone? Forse, ma sicuramente ha qualcosa in più che le altre non hanno: noi!
Buon campionato, vecchio cuore rossonero.