L’opinione. Porricelli: Consiglio di Stato e Tar, è da codardi battersi solo quando si è certi della vittoria

briganti

Quante possibilità ci sono per il Foggia di avere successo nel doppio appuntamento del Consiglio di Stato (29 agosto) e del Tar (4 settembre)?

A mio avviso poche, pochissime.

Quasi nessuna.

La partita si potrebbe chiudere già martedì in caso di conferma della validità dell’iscrizione del Lecco.

E anche se la squadra del Presidente Di Nunno dovesse essere esclusa, sarà difficile ottenere un allargamento delle squadre partecipanti alla Serie B per garantire l’accesso della quarta società proveniente dalla C.

Il mio convincimento è determinato essenzialmente da due elementi: l’oggettiva presenza di norme capestro che blindano in modo pressocché totale le società retrocesse e la soggettiva, personalissima, mancanza di fiducia nella effettiva terzietà di chi è chiamato a giudicare.  

Sulle regole che governano il calcio c’è poco da dire.

Sono di tutta evidenza ingiuste, volutamente confuse, scritte male di proposito e spesso contraddittorie.

La loro ambiguità consente al “Sistema F.I.G.C.” e alle relative Leghe di addomesticare i risultati per accomodare al meglio gli effetti a beneficio del gruppo dominante del momento e relativi vassalli, valvassori e valvassini.

Se poi questo non dovesse bastare, c’è sempre tempo per cambiare in corsa una norma, un codicillo, e aggiustare la situazione.

Vedasi ciò che è accaduto nel 2019 per evitare al Foggia di far disputare i playout con la Salernitana.

Inutile aggiungere altro, perché sono certo che chi legge conosca benissimo i fatti a cui mi riferisco.  

Qualcuno potrebbe, però, obiettare che Tar e Consiglio di Stato siano estranei al nauseabondo olezzo di marcio che emana il governo del mondo pallonaro.

Può essere, anzi lo spero.

Tuttavia, sono portato a pensare che quelle aule all’apparenza severe siano in realtà alquanto permeabili ai consigli di opportunità – chiamiamoli così – provenienti dagli stessi ambienti comuni tanto all’oligarchia del calcio che a quella delle toghe.

Ma questa, lo ripeto, è solo una mia opinabile percezione.

Tutto inutile, quindi? Ha senso impiegare risorse economiche, emotive, mentali per una guerra dal finale che sembra già scritto?

A mio avviso, sì.

L’inaccettabile condizione di sudditanza verso il blocco delle società collocate oltre la Linea Gotica va scardinata.

L’inaccettabile condizione di sudditanza verso il blocco delle società collocate oltre la Linea Gotica va scardinata.

È indispensabile dare un segnale chiaro di resistenza verso l’abuso fatto norma che mortifica gli sforzi delle società che hanno lottato per un traguardo sportivo (ad esempio il Foggia finalista dei playoff) e privilegia l’ignominia delle ultime della classe (le retrocesse).

Va urlata in quelle aule la rabbia di chi non può accettare che le leggi vadano interpretate in Padania (Lecco) e applicate in Calabria (Reggina).
Il risultato da portare a casa non può essere solo una sentenza che renda giustizia al significato di termine perentorio o garantisca la presenza di quattro squadre provenienti dalla Lega Pro nel successivo campionato di B.   

Non è per questo che la battaglia, folle e disperata, va combattuta.

Il punto è che sarebbe da codardi battersi solo quando si è certi della vittoria.

Il punto è che sarebbe da codardi battersi solo quando si è certi della vittoria.

Questa disputa impari va affrontata con lo spirito con cui i Briganti meridionali ingaggiarono battaglia contro l’esercito piemontese.

Faccio mie le parole dell’ultima strofa di Brigante se more, il brano del 1979 di Carlo d’Angiò ed Eugenio Bennato:

“…Uomini si nasce, briganti si muore,

ma fino all’ultimo dobbiamo sparare

e se moriamo portateci un fiore

e una bestemmia per questa libertà…”