Storicamente la Puglia è sempre stata un mosaico di lingue e dialetti, un crocevia di popoli sin dall’antichità. Queste migrazioni hanno lasciato tracce visibili ancora’oggi, attraverso tradizioni, culture popolari e comunità che rappresentano le minoranze linguistiche. Ebbene si, se non lo sapevate, la Puglia comprende 3 comunità di minoranze linguistiche. Oggi viaggeremo nel Salento – esattamente nella Grecia Salentina – alla scoperta del Griko, in un’immersione totale, non nelle splendide acque salentine, ma nella storia e nella cultura di questa lingua.
Le origini del Griko (o Grecanico) e della popolazione della Grecia Salentina risalgono ai tempi della Magna Grecia. Nei secoli successivi la popolazione diminuì a causa delle incursioni e delle scorrerie arabe e illiriche.
Il primo mutamento della lingua del popolo griko avvenne tra il IX e X secolo, con l’arrivo dei Bizantini che erano follemente innamorati della zona, soprattutto grazie ai due porti di Otranto e Gallipoli, fondamentali per le comunicazioni marittime con la penisola balcanica.
Gli imperatori bizantini mandarono pastori e contadini a ripopolare la parte interna della Grecia Salentina, costituendo il primo fenomeno di interferenza nella lingua e nella cultura “Grikosalentina” Questo fenomeno nasce a causa dei continui flussi migratori verso Otranto – e le zone circostanti – che diedero vita ad interscambi tra il Griko antico e la lingua greca del X secolo. La cultura antica si insedia con la nuova.
Ancora oggi sono vive tradizioni contadine salentine e greche che, osservandole, hanno il potere di riportarti indietro nel tempo. Passeggiando nell’entroterra greco, così come in quello salentino, è molto usata la pratica dell’allevamento di pollame e suini, così come l’asino, animale di rilevante importanza per l’epoca.
Ebbene si, abbiamo parlato degli spostamenti marittimi, ma non erano gli unici! Ci si spostava anche tra comunità e villaggi… e non c’erano macchine o altri mezzi all’epoca, quindi l’asino che era un animale vitale, forte e resistente, in grado di spostare carichi pesantissimi per lunghi tragitti, diventò un simbolo.
La figura e la simbologia dell’asino racchiude in sé tutta la cultura pastorale e contadina che ha accompagnato nei secoli questa minoranza linguistica, ma anche artigianale ed agricola.
L’epoca normanna e l’inizio del declino
Il primo calo nel lavoro contadino si verificò nell’XI secolo, con l’arrivo dei Normanni, che introdussero una nuova classe sociale: gli artigiani.
Gli artigiani erano situati tra la nobiltà e la plebe contadino-pastorale, per questo molti decisero di intraprendere questa strada perchè il lavoro era più redditizio e molto meno faticoso. Tuttavia il cambiamento maggiore fu quello di natura linguistico-culturale, con l’introduzione dei dialetti romanzi che disprezzavano fortemente il Griko, creando questa crepa sociale tra le due classi. Il mutamento linguistico, in questo caso, fu inevitabile poichè nobili e popolani avevano necessità di comunicare soprattutto per questioni lavorative. Questo costrinse entrambi ad imparare le proprie lingue, creando una mescolanza che si intensificò nei secoli, segnando l’inizio del declino del Griko Salentino.
I secoli bui: dal ‘700 al dopoguerra
Verso la fine del XVIII secolo, la Grecia Salentina si ridusse alla sola area orientale di Otranto, non disponendo più della zona occidentale. I paesi si ridussero da tredici a nove.
I secoli XIX e XX furono dei secoli bui per questa comunità linguistica a causa della persecuzione e della discriminazione scolastica verso il Griko nel sistema scolastico del post Unità d’Italia e, in seguito, delle due guerre mondiali.
Nonostante fossero discriminati e non considerati italiani, molti giovani Greci-Salentini furono chiamati a combattere nella Prima Guerra Mondiale, dove molti persero la vita. Nel secondo dopoguerra, i mass media contribuirono a distanziare le nuove generazioni dal Griko, aggravato dall’emigrazione massiccia verso l’estero o le grandi città del Nord e dalla leva militare, allontanando migliaia di giovani.
La gastronomia, le tradizioni e l’evoluzione simbolica dell’asino
Oggi la Grecia Salentina comprende solamente sette paesi ed il Griko è parlato solo in alcune zone. La popolazione locale è sempre stata attaccata, storicamente e culturalmente, alle attività agricolo-pastorali, alcune già citate in precedenza. Non sono difficili da notare le molteplici similitudini tra queste due terre che, seppur di Nazioni diverse, sono unite da scambi culturali che durano da più di 2000 anni.
Le tradizioni gastronomiche locali risalenti a tantissimi secoli fa, derivano direttamente dai beni di prima necessità che offrivano questi animali (come il latte di pecora e capra). Anche il pane – presente in quasi tutti i piatti tipici – ha lasciato un segno nelle due regioni, in Grecia c’è la “pita” o “pitta”, mentre nella Grecia Salentina c’è la “cialata”, la “friseddhra” ed altre tipologie di pane fritto.
“Camminare con quel contadino, che forse fa la stessa mia strada. Parlare dell’uva, parlare del vino, che è ancora un lusso per lui che lo fa…”. Così cantava Rino Gaetano nel 1973 nel suo capolavoro: “Ad esempio a me piace il sud”. Ricollegandoci alla zona greco-salentina, passeggiare nelle zone interne (e non solo), porta a vivere realmente l’essenza e l’atmosfera che si racconta in questa canzone. Stradine di campagna, campi e colline piene di animali da allevamento, dove anziani pastori e contadini svolgono ancora attività tanto antiche quanto nobili, come: mungere le mucche e le capre a mano, coltivare i propri frutti ed ortaggi nei loro terreni, nutrire i loro animali e curarli.
Immagini che ti riportano indietro nel tempo, gente che ha creduto nelle proprie tradizioni e nonostante tutti i cambiamenti storico-sociali che il nuovo millennio ha portato, sono rimasti costanti… come se il tempo non fosse mai passato.
Dopo aver fantasticato un po’, è ora di tornare alla gastronomia! Come fare a non parlare del peperoncino? Ortaggio per eccellenza tra la Grecia Salentina e la Bovesia in Calabria. Tradizione culinaria locale secolare, spesso usato per condire o come ingrediente principale in piatti della gastronomia della Magna Grecia, soprattutto nei periodi invernali per riscaldarsi, accompagnato solitamente da un bicchiere o un fiaschetto di vino.
Grazie alle ultime campagne avviate in Grecia, anche l’asino ha ripreso quel valore storico e fondamentale, diventando un fulcro culturale ed addirittura stemma principale di merchandising come birre e vestiario. Oggi l’asino più che trasportare merci e beni di prima necessità trasporta turisti nelle varie zone del posto, diventando una delle attività più desiderate dai turisti, sia nella zona salentina sia in Grecia o isole greche come ad esempio anche l’isola di Santorini.
Questo miscuglio, questo confondersi e fondersi di culture, ha lasciato le sue tracce anche nella musica e nella letteratura popolare, spesso composta da canzoni d’amore o ballate. Simbolo della musica griko-salentina è la “Notte della Taranta”, evento divenuto annuale dato l’elevato successo.
“Larilò’ larilò’ lalleru, larilò’ larilò’ lallà” vi ricorda qualcosa? Si, spesso è usata anche nei canti popolari della provincia di Foggia, segno di come la cultura greco salentina si sia sparsa anche con altri popoli vicini. La canzone di cui stiamo parlando è “Kali Nifta”, considerata ormai patrimonio popolare e culturale della Grecia salentina.
A proposito di Foggia, nel prossimo articolo della rubrica ci sposteremo proprio qui…alla scoperta di una minoranza linguistica alquanto particolare!