Calo demografico e migrazione giovanile: Italia spaccata in due. Lo dice il rapporto SVIMEZ 2023.

Il Rapporto SVIMEZ 2023 presentato pochi giorni fa dedica una ampia sezione al tema del calo demografico e allo spopolamento del meridione. I due temi sono strettamente connessi.
“La diminuzione delle nascite e il progredire della speranza di vita hanno portato l’Italia tra i paesi europei più anziani. Le migrazioni interne e internazionali hanno ampliato gli squilibri demografici Sud-Nord. Se da un lato, le comunità immigrate si concentrano prevalentemente nel Settentrione “ringiovanendo” una popolazione sempre più anziana, dall’altro, il Mezzogiorno continua a perdere popolazione, soprattutto giovani qualificati.
Dal 2002 al 2021 hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2,5 milioni di persone, in prevalenza verso il Centro/Nord (81%). Al netto dei rientri, il Mezzogiorno ha perso 1,1 milioni di residenti.

Le migrazioni verso il Centro-Nord hanno interessato soprattutto i più giovani: tra il 2002 e il 2021 il Mezzogiorno ha subìto un deflusso netto di 808 mila under 35, di cui 263 mila laureati.
Al 2080 si stima una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno, pari a poco meno dei due terzi del calo nazionale (–13 milioni). La popolazione del Sud, attualmente pari al 33,8% di quella italiana, si ridurrà ad appena il 25,8% nel 2080.
Il progressivo processo di invecchiamento del Paese non si arresterà nei prossimi decenni: tra il 2022 e il 2080, il Mezzogiorno dovrebbe perdere il 51% della popolazione più giovane (0–14 anni), pari a 1 milione e 276 mila unità, contro il –19,5% del Centro-Nord (–955 mila).
La popolazione in età da lavoro si ridurrà nel Mezzogiorno di oltre la metà (–6,6 milioni), nel Centro-Nord di circa un quarto (–6,3 milioni di unità). Il Mezzogiorno diventerà quindi l’area più vecchia del Paese nel 2080, con un’età media di 51,9 anni rispetto ai 50,2 del Nord e ai 50,8 del Centro” .

Come invertire la tendenza?

SVIMEZ afferma che “… occorre mettere in campo politiche attive di conciliazione dei tempi di vita e lavoro e rafforzare i servizi di welfare” .

Occorre riattivare il circolo virtuoso tra natalità, welfare, donne e lavoro.

“Le regioni meridionali presentano il tasso più basso di occupazione femminile in confronto
all’Europa (media UE 72,5): Campania (31%), Puglia (32%) e Sicilia (31%). Le restanti regioni del Centro-Nord si avvicinano alla media europea, ma restano lontane dal benchmark dei Paesi scandinavi e della Germania (78,6). La carenza di servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia, specialmente nella prima infanzia, penalizza le donne nel mondo lavorativo. Una donna single nel Mezzogiorno ha un tasso di occupazione del 52,3%, nel caso di donna con figli di età compresa tra i 6 e i 17 anni scende al 41,5% per poi crollare al
37,8% per le madri con figli fino a 5 anni (65,1% al Centro-Nord), la metà rispetto ai padri (82,1%).
Il Sud affronta gravi ritardi nell’offerta di servizi per la prima infanzia, evidenziati dai dati sui posti nido autorizzati per 100 bambini tra 0-2 anni nel 2020: Campania (6,5), Sicilia (8,2), Calabria (9) e Molise (9,3).
Queste sono le regioni meridionali più distanti dall’obiettivo del LEP dei posti autorizzati da raggiungere entro il 2027 (33%).
Gli investimenti del PNRR mirano a colmare queste disparità, ma non sono stati programmati a partire da una mappatura territoriale dei fabbisogni di investimento, bensì attraverso procedure a bando, con una capacità di risposta fortemente influenzata dalle capacità amministrative degli enti locali.

I dati presentati nel Rapporto riguardo lo stato di attuazione del Piano Asili nido fanno emergere diverse criticità proprio sotto questo profilo: sono stati assegnati ai Comuni 3,4 Miliardi; 1,7 mld al Sud, di cui solo il 36% messe a gara (51% nel Centro-Nord).
La recente riduzione degli obiettivi del PNRR per i nuovi posti asili nido (da 248 mila a 150 mila) solleva preoccupazioni sulla possibilità di raggiungere il target europeo. Dalla simulazione effettuata dalla SVIMEZ risulta che, anche se si superassero tutte le difficoltà attuative, le attuali ripartizioni delle risorse non consentirebbero di raggiungere il target europeo del 33% in tutte le regioni. In particolare, la riduzione del
target PNRR non consentirebbe di raggiungere il LEP, ad esempio, in Sicilia (-17 mila posti), Campania (-13 mila).”

In conclusione lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione del Sud (oltre che dell’intero Paese) sono fenomeni destinati a perdurare nei prossimi anni e nessuna politica efficace per arginarli é stata messa in campo.

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