Se la Puglia fosse una religione, la raccolta delle olive sarebbe uno dei riti più sacri. Per noi pugliesi è d’obbligo in autunno, ognuno ha il proprio mese preferito, ma non si può mancare a questo appuntamento annuale.
È l’alba, ti alzi, fai colazione, metti i vestiti più vecchi che trovi e ti avvii verso il tuo uliveto. Fa ancora freddo e hai sonno, ma la sensazione di trovarsi in mezzo al verde fa passare tutto. Stendi i teli sul terreno, prendi l’abbacchiatore e inizia la giornata fino al calare del sole. Terminate queste giornate la stanchezza incombe… ma non puoi fermarti perché ora arriva il bello: gli ultimi passaggi prima di degustare l’olio fatto con tanto sacrificio.

Questo è il periodo che in giro, nei bar, per le strade, non si chiede “come va?“, ma “a quanto è uscito l’olio?“, ovvero quanti litri di olio al quintale. È il periodo in cui in qualsiasi cena, pranzo o aperitivo, c’è qualcuno che ti farà assaggiare “l’oggj nov” (l’olio nuovo, appena fatto). Perché si sa, l’olio nuovo è un incontro tra la fatica della terra e la dolcezza della tavola.
Una pratica antichissima, presente nelle radici delle nostre tradizioni che vanno ben oltre l’epoca dei nostri nonni o dei nostri bisnonni, ma risalgono addirittura ai tempi dell’antica Grecia. Una pratica nata nell’VIII Secolo a.C. e tramandata nei secoli, passando per l’epoca romana, il Medioevo, l’epoca moderna e la contemporanea, per arrivare fino ai giorni d’oggi.
La raccolta delle olive ci fa tornare con la mente ai ricordi di quando i nostri nonni erano impegnati nella raccolta e per noi passare le giornate in campagna era uno spasso. Liberando la fantasia, possiamo immaginare come potesse essere addirittura nelle epoche precedenti. Ora tocca a noi portare avanti questa tradizione che ci regala sempre tantissime soddisfazioni e non solo, bisogna difendere questo patrimonio, questo tesoro che abbiamo. L’olio è il nostro “oro”.