Il 21 marzo 1924 è per Foggia una data storica, memorabile, indimenticabile.
Nella prima giornata di primavera del 1924 arrivò l’acqua proveniente dalle sorgenti del Sele, dove sgorgano impetuose da una parete rocciosa del monte Paflagone, nell’avellinese.
Il re Ferdinando II di Borbone nel 1847 nominò una commissione con l’incarico di risolvere il problema endemico della mancanza d’acqua nell’“arsa e sitibonda Apulia”. L’idea non produsse tuttavia esiti concreti per l’iperbolica spesa preventivata e per le innumerevoli difficoltà intraviste, apparse a tutti insormontabili.
In seguito alle pressanti richieste delle popolazioni pugliesi, stanche delle epidemie che erano costrette ad affrontare per la carenza di risorse idriche, venne bandito nel 1868 un concorso per la realizzazione di un acquedotto.
Vincitore del concorso e vero ideatore della grandiosa opera fu l’ingegnere salernitano Camillo Rosalba, all’epoca residente a Foggia perché funzionario del Corpo Reale del Genio Civile. Ebbe un’idea geniale e cioè quella di trasferire in Puglia le acque delle sorgenti del fiume Sele valicando l’Appennino, con un processo di caduta che avrebbe rispettato il massimo dislivello fra punto di partenza e punto di arrivo.
Il progetto ambizioso e affascinante, accantonato perché ritenuto di difficile realizzazione oltre che costosissimo, venne ripreso molti anni dopo.
L’on. Matteo Renato Imbriani, eletto nel collegio di Trani, fu l’animatore della battaglia per dissetare la Puglia e trasformare in tal modo il problema da urgenza regionale a vera e propria necessità nazionale. A lui, che ogni qualvolta prendeva la parola alla Camera diceva: “Vengo dalla Puglia, terra assetata d’acqua e di giustizia”, va il merito di aver presentato nel 1889 la prima proposta di legge per la costruzione dell’Acquedotto i cui lavori ebbero inizio soltanto nel 1906, con una spesa di 125 milioni dell’epoca.
Dalla fontana di Piazza di Cavour, quel 21 marzo, il primo zampillo si innalzò al cielo fino a un’altezza di 25 metri alla presenza del sacro tavolo della Madonna dei Sette Veli, portato in processione dinanzi ai Propilei dal vescovo Fortunato Maria Farina.
Incontenibile e commosso fu l’applauso dei foggiani per i quali l’arrivo dell’acqua in città segnò la fine di un incubo, l’inizio di una nuova era, un’occasione straordinaria di progresso e benessere.
L’evento mobilitò le cronache dell’epoca e la Domenica del Corriere vi dedicò la copertina disegnata dal famoso illustratore Achille Beltrame.
Gaetano Postiglione, Presidente dell’Acquedotto dal 1923 al 1932, decise di premiare la grande opera ingegneristica con la costruzione di due edifici: uno a Bari perché sede dell’Ente, e uno a Foggia perché Direzione Compartimentale. Fontana e Palazzo furono progettati dal ravennate Ing. Cesare Brunetti che ha disegnato anche le Fontane Virgiliane in Piazza XX settembre.
La fontana simboleggia una conchiglia sistemata sopra una grande stella marina a cinque punte, sorretta da un pilastro centrale in cemento armato posto al centro di una vasca circolare.
L’Acqua del fiume Sele arrivò a Bari nel 1915, a Taranto nel 1916, a Brindisi nel 1918 e a Lecce nel 1927.
Le storiche fontane in ghisa presenti in diversi punti della città, firmate Acquedotto Pugliese, recavano la data 1914 e alcune 1915.
Nelle abitazioni di Foggia, in verità, l’acqua arrivò dopo decenni durante i quali la popolazione continuò ad approvvigionarsi di acqua corrente mediante il rifornimento grazie ad ambulanti detti “Acquarul” i quali la portavano contenuta in barilotti di legno detti “mantegne” che svuotavano nelle tradizionali “sarole”.
Piazza Cavour, con i suoi gioielli incastonati, cara a tutti i foggiani, è il simbolo di Foggia, la più bella cartolina della città.
Giuseppe Ungaretti, nella nostra città nel 1934 quale inviato speciale della Gazzetta del popolo di Torino, la trovò “Sorprendente, Emozionante, Commovente. La più festosa di tutte”.
Nel palazzo dell’acquedotto di Bari vi sono due busti di bronzo raffiguranti Camillo Rosalba e Matteo Renato Imbriani.
Foggia, invece, non ha intitolato nessuna strada né a Camillo Rosalba né a Cesare Brunetti.