Per gli amanti delle opere di Mattia Torre “La linea verticale” è un passaggio obbligato. Disponibile su Netflix la mini serie del 2018 affronta, con il solito arguto sarcasmo del regista romano, svariati temi, dall’importanza della sanità pubblica, alle inevitabili ricadute psicologiche che causa un’inaspettata malattia.
LA TRAMA
Protagonista della narrazione è Luigi (Valerio Mastandrea), una persona normalissima che ad un certo punto della sua vita (trascorsa senza infamia e senza lode) scopre di avere un tumore, proprio mentre l’amata moglie attende il suo primogenito. Il ricovero e la degenza sono occasione per scandagliare il ‘micro mondo’ della sanità pubblica, ricco di personaggi stereotipati che ripetono sempre le stesse frasi vuote ai poveri pazienti (“quelli sono i vasi”, cit.). Un ambiente di maschere pirandelliane che inseguono la loro vita ideale (la guarigione o la fine dell’orario lavorativo), ma sanno in cuor loro che non può che realizzarsi fuori che dalle mura dell’ospedale.
PERCHE’ GUARDARLO
La serie riesce a far emergere, seppur in modo tragicomico, l’importanza di un sistema sanitario accessibile a tutti, un tema abbastanza attuale viste le reiterate violenze che si verificano quasi tutti i giorni nelle corsie degli ospedali italiani. Nei vari episodi emergono le difficoltà quotidiane degli operatori sanitari, ma anche la dedizione verso i pazienti. Tra persone capaci e persone meno capaci che alternano momenti di grande umanità e momenti di forte egoismo. Ma la sanità pubblica resta comunque un bene di tutti. Un aspetto da considerare anche in ragione del fatto che in altri paesi a farsi curare sono soltanto le persone più facoltose.
DA MIGLIORARE
Sicuramente il ritmo della narrazione non è tra i più incalzanti. Ma ciò potrebbe essere anche una scelta stilistica dettata dalla volontà di voler restituire i lunghi tempi morti che caratterizzano la degenza di un paziente in ospedale. Una scia di lungaggini burocratiche, di controlli dall’esito celato e di incidenti di percorso a ritmo di colonne sonore de “Il Volo”. Mattia Torre ha conosciuto personalmente tutto questo, visto che il racconto è anche autobiografico.
TIRANDO LE SOMME
In sintesi “La linea verticale” riesce a coniugare umorismo e riflessione, regalando al pubblico uno spaccato autentico del sistema sanitario italiano, tanto bistrattato ma tanto necessario in un paese così sfilacciato e con tante differenze sociali. In questo contesto di italianità il messaggio è chiaro: la sanità pubblica è un bene collettivo imprescindibile e, in quanto tale, va difesa. Ultima morale, ma non di second’ordine, quella relativa alla malattia, che con la sua deflagrante dirompenza, insegna l’importanza della vita e di ogni singola gioia che essa ci regala.
LA CITAZIONE
“E’ difficile ammetterlo ma per me [la malattia] ha cambiato tutto in meglio. Mi ha aperto gli occhi, la testa, il cuore. Ora ho nuovi desideri, voglio stare in piedi, voglio vivere in asse su una linea verticale. Non voglio avere paura perché la paura ti mangia, non serve a niente. Voglio pagare le tasse con i soldi che vanno ad un ospedale pubblico che mi ha salvato la vita, senza chiedermi nulla in cambio. Voglio guardarmi intorno e vivere tutto quello che è possibile con generosità e vitalità. Questo tumore mi ha salvato la vita, senza questo tumore sarei senz’altro morto”.