Il racconto di quella epica partita, tratta dal mio libro “Vittorio Cosimo Nocera – 111 gol e un grande amore per il Foggia”. Edizioni Miticochannel 2023 – pagg. 296
Fra le tante reti realizzate da Nocera, le due rifilate all’Inter del Mago Herrera sono state certamente le più importanti, ricordate e celebrate. Ogni tifoso del Foggia, di qualunque età, ha sentito parlare della vittoria per 3-2 contro i Campioni del Mondo. E di sicuro avrà anche visto tante volte i filmati di quel match in tv, e oggi sul web. I due gol di Vittorio sono stati visionati in ogni fotogramma migliaia di volte. Per inquadrare il contesto in cui avvenne la straordinaria impresa dei Satanelli, è bene ricordare che la formazione di Herrera e Moratti era la più forte del mondo, la Grande Inter, con la G maiuscola, quella della celebre filastrocca Sarti, Burgnich, Facchetti… ammirata e rispettata anche da tifosi di altre fedi calcistiche. Dopo aver vinto la Coppa dei Campioni a maggio del 1964 (3-1 contro il Real Madrid), l’Inter conquistò nel mese di settembre 1964 la sua prima Coppa Intercontinentale battendo gli argentini dell’Independiente. Fra i neroazzurri giocavano campioni di assoluto rilievo come Suarez, Mazzola e Corso. Un po’ come il Barcellona di Messi che ha dominato la scena europea negli ultimi anni. Bettoni e soci erano al primo campionato di serie A, con un gruppo pieno di esordienti, senza nomi di risalto e soprattutto senza calciatori stranieri. Erano però tutti animati da un feroce furore agonistico a supporto di buone doti tecniche. La partita si giocò alla seconda giornata del girone di ritorno in una stagione in cui la lotta per lo scudetto fu una questione tutta milanese. Al giro di boa l’Inter era staccata di cinque punti dal Milan di Nils Liedholm che, nonostante l’assenza di Altafini aveva fatto il vuoto dietro di sé, grazie alle prodezze di Amarildo e Ferrario. La squadra foggiana si trovava in una tranquilla posizione di metà classifica, reduce da uno 0-0 interno contro la Fiorentina. In città si aspettava con ansia e curiosità la sfida ai campioni milanesi e i biglietti andarono esauriti in pochi giorni per la felicità dei bagarini. Un biglietto di tribuna fu offerto a pochi minuti dall’inizio della gara a 10.000 lire. Le porte dello stadio furono aperte alle 11 e c’era tanta gente che stazionava nella zona già dalle 8 del mattino. Alla vigilia del match nessuno avrebbe osato pensare a una vittoria della matricola rossonera che invece mise sotto l’Inter di Herrera, dominandola con un ritmo infernale e una sorprendente spavalderia. Obbligatorio ricordare gli schieramenti in campo, agli ordini del signor Francescon di Padova. Pugliese mandò in campo: Moschioni, Valadè, Micelli, Bettoni, Rinaldi, Micheli, Favalli, Lazzotti, Nocera, Majoli, Patino. L’Inter schierò: Di Vincenzo, Burgnich, Facchetti, Malatrasi, Guarneri, Picchi, Domenghini, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. A dispetto della data di fine gennaio, sotto un cielo leggermente coperto la giornata fu alquanto mite, con leggero vento di scirocco e una temperatura intorno ai 20 gradi. Il calcio d’avvio fu dato dal cannoniere napoletano e i Satanelli partirono di gran carriera arrivando in porta dopo 30 secondi con Micheli che concluse con un tiro svirgolato e fuori misura. Nel primo tempo, terminato 0-0, l’Inter si rese più pericolosa. Il portiere foggiano Moschioni fece un paio di bellissime parate su conclusioni di Corso e Peirò. In particolare deviò un’insidiosa punizione calciata da Mariolino Corso a “foglia morta”, quella che era la sua specialità. Il fuoriclasse veronese inventò questo tipo di calcio piazzato, in genere dal limite dell’area, che consisteva in una morbida e spesso beffarda traiettoria a parabola. I ragazzi di Pugliese non stettero a guardare e macinarono gioco a gran velocità, con grinta e determinazione, ma senza rendersi molto pericolosi in fase conclusiva. L’inattesa e stupefacente prestazione dei foggiani iniziò a concretizzarsi all’inizio della ripresa. Dopo due minuti i dauni sfiorarono la segnatura con una bordata di Micelli da 25 metri che colpì la parte superiore della traversa. Subito dopo i rossoneri passarono in vantaggio: per un fallo di Guarneri su Majoli la punizione dal limite fu battuta da Patino, ma l’arbitro la fece ripetere perché la distanza della barriera dell’Inter non era giusta. Si incaricò questa volta del tiro dal limite Majoli, che disegnò una felpata parabola a foglia morta, davanti a Corso, tutto mancino e veronese come lui. Ne venne fuori una traiettoria arcuata che colpì l’incrocio dei pali. La palla ritornò in campo e sul rimbalzo il più lesto di tutti fu Lazzotti che stoppò di petto e gonfiò la rete. Ci fu qualche protesta degli interisti per la dubbia posizione della mezzala toscana ma Francescon convalidò senza esitazioni. Lazzotti guardò subito il segnalinee, ma non esultò, rimase fermo, quasi pietrificato. Fu attorniato dai fotografi e poi dai compagni che lo abbracciarono felici. Allora non esisteva la moviola, ma la sera in tv si vide chiaramente che il numero 8 foggiano era nettamente al di qua dei difensori interisti. Dopo qualche minuto gli scatenati picciotti di Pugliese raddoppiarono con il loro fromboliere. Il gol fu realizzato con una finezza: servito in verticale sulla sinistra dell’area da un passaggio di Majoli deviato da Suarez, il goleador napoletano, invece di scaricare il solito potente siluro, sterzò, si portò il pallone con l’interno del piede sinistro, sul destro sbilanciando Picchi, e colpì di mezzo collo, quasi di punta. Ne venne fuori un tiro non potente ma preciso che finì nell’angolo alla sinistra del portiere nerazzurro Di Vincenzo. Foggia due, Inter zero. Sugli spalti dello Zaccheria era puro delirio. All’epoca le bandiere erano poche e i tifosi agitavano e sventolavano cappotti e impermeabili. Dopo alcuni minuti sarebbe potuta arrivare addirittura la terza rete con un tiro-cross di Favalli su cui Di Vincenzo andò a farfalle. Al 12’ di nuovo pericoloso il Foggia: Malatrasi passò il pallone indietro a Guarneri che lisciò in pieno, dando via libera a Nocera che per troppa precipitazione sbagliò la conclusione. Il doppio schiaffone e lo scampato pericolo scossero gli interisti che si ricordarono di essere i campioni del mondo. Con furore la formazione di H.H. si riversò nell’area pugliese e Moschioni deviò la stoccata al volo di Suarez. Però l’Inter al 18’ dimezzò le distanze: Corso evitò in slalom Patino e Micheli, allargò sulla sinistra per Peirò che infilò la palla in porta, rasoterra sull’uscita di Moschioni. Il Foggia non accusò il colpo e continuò ad attaccare colpendo la traversa con Patino. Al 30’ arrivò il pareggio interista: su cross di Mazzola e corto rinvio di Bettoni, il pallone fu raccolto poco fuori dell’area da Suarez che lasciò partire un’imparabile conclusione di controbalzo che finì all’incrocio dei pali. La Grande Inter era tornata e sugli spalti si iniziò a tremare per il bel sogno che poteva svanire. Neanche Rosa Rosa, che sedeva in panchina soffrendo le pene dell’inferno, avrebbe scommesso sulla vittoria dei suoi uomini. I Satanelli, per nulla intimoriti, tornarono alla carica e dopo tre minuti realizzarono la rete decisiva con Nocera, da poco fuori dell’area di rigore, ancora su passaggio di Majoli. Il numero 9 rossonero ricevette la sfera spalle alla porta: fintò di andare a destra, si girò e si portò il pallone sul sinistro lasciando partire una terribile bordata che finì all’incrocio dei pali. Dagli spalti arrivò un boato fortissimo, un ruggito impressionante, mai sentito nulla di simile. Se permettete, riporto un mio ricordo personale perché quel pomeriggio del 31 gennaio 1965 in campo c’ero anch’io, come raccattapalle. Il mio posto di servizio era sotto la vecchia gradinata, verso la curva sud. Al gol del 3-2 non si capì nulla: anche noi raccattapalle entrammo sul terreno a festeggiare, anche se ci era severamente vietato. Io, Paolo Pesante e Mauro Pellegrino, amici del Nagc, ci abbracciammo per la gioia, guardammo la scena dei giocatori che festeggiavano, attorniati dai fotografi e i campioni dell’Inter increduli e sconsolati. Negli anni ho raccontato e ricordato questa scena decine di volte ad amici e conoscenti, sempre con un pizzico di emozione. Dopo la stoccata vincente, il bomber fu sommerso dagli abbracci dei compagni. Rimase fermo a centrocampo con le braccia al cielo, in un groviglio di maglie rossonere. Arrivò dalla porta anche Moschioni che con un balzo finì in cima alla piramide umana che circondava il cannoniere. Tutti i fotografi entrarono sul terreno di gioco per immortalare in scatti preziosi quelle sequenze di grande gioia. Pure don Oronzo si precipitò, con uno scatto perentorio, sul terreno di gioco per festeggiare e abbracciare il suo uomo-gol prendendosi l’ammonizione dall’arbitro Francescon. Il Foggia quel giorno indossò la casacca rossonera a girocollo a bande larghe e pantaloncini bianchi. Le maglie invernali erano pesanti, di lana grezza, di quelle che pungevano sulla pelle. A cinque minuti dalla fine ci fu la straordinaria parata di Moschioni su conclusione di Corso che si era presentato da solo davanti a lui. Ma non era finita: i Satanelli tentarono nuovamente di segnare sfiorando la quarta rete con un bolide di Micelli respinto con difficoltà da Di Vincenzo.
Il fischio finale di Francescon liberò dall’ansia una folla festosa e incredula per l’impresa degli eroici ragazzi di Pugliese e Rosa Rosa. Sugli spalti i tifosi erano quasi più stanchi dei calciatori: si guardavano increduli e si abbracciavano per la gioia. L’allenatore turese preparò con cura quell’attesa sfida. In settimana trascorse notti insonni nelle quali studiò tutti i particolari del fortissimo avversario. Lesse le biografie dei campioni interisti, consultò vecchi giornali, appunti e statistiche sui suoi preziosi quaderni. Alla fine, prese le contromisure per contrastare i fuoriclasse nerazzurri, assegnando compiti e funzioni a ogni suo uomo. Decise di impiegare Micelli su Domenghini, Valadè su Mazzola, Rinaldi su Peirò e Majoli su Malatrasi. Don Oronzo non sbagliò una mossa. La carta vincente fu però la marcatura di Suarez e Corso affidata rispettivamente a Micheli e Lazzotti. I centrocampisti foggiani controllarono i nerazzurri solo quando i due entravano nella metà campo rossonera, senza seguirli costantemente. Così Pugliese costrinse l’Inter ad adattarsi al suo gioco. A fine gara, il tecnico abbracciò tutti i suoi “picciotti”: avevano giocato con saggezza tattica, corsa perpetua e tanto cuore. Il Mago di Turi era emozionato e felice anche perché cinque giorni prima era diventato nonno con la nascita del primo nipote cui dedicò i due punti. La legittimità del successo foggiano fu riconosciuta anche dal presidente nerazzurro Angelo Moratti, presente in tribuna. “L’Inter si è battuta molto bene. Ha fatto tutto quanto era possibile contro una formazione fortissima. La mia squadra mi è piaciuta e forse sul 2-2 avremmo potuto chiudere il match. Poi è arrivata quella grande bordata di Nocera su cui Di Vincenzo non ha potuto far nulla”. A distanza di oltre mezzo secolo, Ciccio Patino, quel giorno capitano dei Satanelli, racconta l’atmosfera nello stanzone rossonero: “Il nostro spogliatoio fu invaso dai giornalisti. Il bomber piangeva di gioia, seduto su una panca. Era stanchissimo ma felice. Tutti continuavano a fargli i complimenti per le due prodezze e lui abbracciò tutti e ringraziò per i tanti elogi ricevuti. Mi avvicinai e gli gridai: “Vittò, ti rendi conto di cosa hai fatto? Sul primo gol con quel tacchetto hai mandato Picchi al bar.” Con la solita modestia, il centravanti raccontò decine di volte i gol: “Sulla prima rete, su passaggio di Majoli, non ho tirato d’impeto, ho sterzato e sbilanciato il libero interista. Mi è andata bene, ma potevo anche sbagliare e tirare fuori. Sulla seconda, no. Servito ancora dal piede magico di Majoli, ho finto di andare a destra ma ho deviato a sinistra e poi ho scaricato una bomba col mancino all’incrocio dei pali. Sognavo di segnare all’Inter e ho fatto addirittura due reti. Oggi è il più bel giorno della mia vita”. Herrera bloccò la porta dello spogliatoio interista e qualcuno lo sentì mugugnare sulla regolarità del vantaggio foggiano di Lazzotti per un sospetto fuorigioco. Disse pure che la rete della vittoria dei pugliesi fu frutto più di fortuna che di abilità. I cronisti riportarono immediatamente i commenti di H.H. all’allenatore del Foggia che prontamente replicò: “La segnatura di Lazzotti è regolare al cento per cento. Herrera non può proprio lamentarsi! Ha contato le nostre tre traverse o no? Allora? Io potrei dire che avremmo dovuto vincere 6-2, ma non lo dico. Giuro che il risultato è giusto. L’Inter ha giocato bene, ma noi abbiamo disputato una partita superlativa!”. Il controllore di Vittorio, il centromediano Guarneri, non riuscì a mandare giù la prodezza decisiva dell’ex scugnizzo e intervistato da un giovane Aldo Biscardi sullo “Sport Illustrato”, commentò: ”Nocera è molto fortunato. Ha indovinato quella cannonata decisiva che nemmeno di notte si è mai sognata, di quelle che riescono una volta su cento. È tuttavia un tipo duro, spigoloso che difende bene la palla”. Il Mago interista parlò ufficialmente solo il giorno dopo elogiando i pugliesi per la magnifica prestazione. “La terza rete – commentò – è arrivata proprio nel momento in cui stavamo dominando. Nel mondo del calcio non sempre si può prevedere e spiegare tutto. Sapevo tutto di Nocera, eppure ha azzeccato due tiri imparabili. Del resto, anche loro conoscevano Suarez, Peirò e Corso e noi abbiamo fatto due gol…”. Il successo rossonero fu anche la rivincita di Pugliese sulla stampa milanese con la quale aveva un fresco conto da regolare. Dopo Foggia-Milan di due mesi prima, infatti, gliene avevano detto e scritte di tutti i colori, accusandolo di protestare a ogni decisione dell’arbitro, di spettacolarizzare ogni suo stato d’animo finendo per fomentare e coinvolgere il pubblico. I cronisti milanesi gli diedero del buffone, scrissero che il capoluogo dauno era il Congo calcistico nazionale e definirono lo stadio, una polveriera. Raccontarono del rovente ambiente sugli spalti, scaricando sull’allenatore e i tifosi pesanti accuse. Nell’incontro con l’Inter, invece, il comportamento del tecnico turese in panchina fu esemplare e i giornali milanesi lo elogiarono. Il veleno versato due mesi prima si trasformò in miele e lodi zuccherate. Don Oronzo saltò come un grillo solo in occasione dei tre gol dei suoi uomini. Anche il pubblico dello Zaccheria, dopo le polemiche seguite al match con Milan, dissipò ogni dubbio sulla sua maturità sportiva.
Fu facile profeta chi disse che quella gara e le due prodezze del cannoniere di Secondigliano sarebbero state ricordate a lungo dai sostenitori dei Satanelli, entrando nella memoria storica della città. Tuttora, a distanza di tanti anni, quel pomeriggio del 31 gennaio 1965 è citato e raccontato dai genitori ai figli e dai nonni ai nipoti con dovizia di particolari e l’immancabile enfasi del tifoso. Il goleador campano confidò a qualche amico che la notte successiva alla partita contro l’Inter, chiuse gli occhi al massimo due ore. Era ubriaco di gioia e felicità e non riusciva a credere a quelle due prodezze decisive per la vittoria. Battere l’Inter fu qualcosa di speciale, di straordinario. Pensava già ai titoloni sui giornali del lunedì che avrebbero celebrato l’impresa dei Satanelli.
Matteo Pugliese, figlio di don Oronzo e grande appassionato di calcio, ricorda quanto avvenuto al rientro del papà a casa: “Dopo le interviste, mio padre tornò nella nostra casa di via Angelo Fraccacreta, vicino la chiesa dell’Immacolata. Nel cortile i condomini aspettavano affacciati alle finestre: lo applaudirono sventolando bandierine rossonere. Il portinaio, che di domenica riposava, uscì dalla sua abitazione e corse ad abbracciarlo. A casa lo accolse mia madre, felicissima e orgogliosa di quel grande successo. La sera, poi, la Rai trasmise la telecronaca registrata del secondo tempo della gara e tutt’Italia ammirò la grande prestazione di Bettoni e compagni. Mio padre seguì con attenzione la registrazione dell’incontro, prendendo appunti e disegnando schemi che solo lui capiva. Rivide il suo festoso ingresso in campo dopo la segnatura decisiva, quando andò ad abbracciare il suo bomber”. In città continuarono i festeggiamenti per diversi giorni. Il club pugliese per 300.000 lire acquistò dalla Rai l’intero film della partita che fu proiettato poi più volte gratuitamente di domenica mattina, al cinema Capitol di Foggia, a beneficio di chi non potette assistere alla partita. Ancora: nella villa comunale da una bancarella trasmettevano invece la versione radiofonica delle fasi della gara, facendo rivivere a ripetizione le emozioni della storica sfida a una folla di appassionati. La cosa curiosa e divertente era che la descrizione delle azioni dei gol foggiani era accompagnata dai presenti con boati, come se tutto fosse in diretta… All’epoca la Rai utilizzò alcune sequenze di quella spettacolare gara e la inserì in un video pubblicitario per invogliare gli italiani a sottoscrivere l’abbonamento alla Tv.
Foggia-Inter non è ricordata solo dai tifosi rossoneri, come si potrebbe credere. In casa nerazzurra è citata spesso con piacere, per la conquista dello scudetto a seguito della straordinaria rimonta ai danni dei cugini milanisti e per le profezie di Padre Pio. Molti servizi televisivi nel corso degli anni sono stati dedicati a quella gara con numerose interviste ai protagonisti interisti della sfida, ricordando la visita de gruppo nerazzurro al santo di Pietrelcina. Il match è stato rievocato nel gennaio 2019, quando l’emittente televisiva ufficiale della società nerazzurra, “Inter Tv”, ha prodotto un docufilm, destinato al mercato estero, dal titolo ” The Saint who predicted Inter’s future” (Il Santo che predisse il futuro dell’Inter”). Una simpatica curiosità per i tifosi del Foggia: nel servizio, confezionato in lingua inglese, i Satanelli sono definiti “Little Satans”. Il video è disponibile su Dugout.com.
Nel docufilm si racconta che la comitiva interista, guidata da Herrera andò in ritiro a San Giovanni Rotondo. La moglie del presidente Angelo Moratti, signora Erminia, devota di Padre Pio, convinse il marito a recarsi dal frate delle stimmate. Una volta al Convento, Herrera, Moratti e i calciatori lasciarono una busta con un’offerta in denaro per i frati. Padre Pio nel corso del breve colloquio con gli interisti, con il suo tipico tono burbero disse: “Che pensate di fare domani?”. “Siamo venuti per vincere” disse spavaldamente il Mago Herrera. “Credete di poter fare questo in casa nostra? Eh, questo fatto non sta bene! Vi rifarete dopo” – replicò il frate. Quelle parole di Padre Pio contenevano già una profezia precisa sull’esito della gara.
La visita a Padre Pio fu un momento suggestivo di alta spiritualità per gli interisti, che fecero il pieno di emozioni. Per qualcuno quell’incontro non fu sufficiente. La mattina dopo, infatti, all’alba, un giovanissimo Sandro Mazzola scappò dal ritiro e con il capitano Picchi tornò al Convento per confessarsi da Padre Pio. L’attaccante nerazzurro disse al frate di temere di aver peccato in quanto spesso pregava Dio perché lo facesse diventare un calciatore di successo, non solo per il cognome che portava, ma per le sue capacità. Padre Pio tranquillizzò Mazzola: “Dio non guarda queste cose!”. Lo assolse dai peccati e con una pacca sulla spalla gli diede la sua benedizione, raccomandandogli di continuare a pregare e avere fede. Il futuro San Pio non s’interessava di calcio, non conosceva l’Inter e i suoi campioni, simpatizzava per i rossoneri pugliesi che spesso si recavano a San Giovanni Rotondo ad ascoltare la messa. La sfida del 31 gennaio 1965 allo Zaccheria andò proprio come aveva profetizzato Padre Pio: il Foggia vinse contro i campioni interisti. Anche la seconda previsione del futuro santo si avverò: dopo il k.o. in Puglia, l’Inter era distanziata di sette punti dal Milan, ma ingranò una fantastica rimonta nelle 15 gare rimanenti con 13 vittorie e due pareggi, vincendo lo scudetto con tre punti di vantaggio. Sfruttò il crollo del Milan, curiosamente proprio in coincidenza del rientro in Italia di Altafini. Quell’incontro con Padre Pio fu vissuto dagli interisti come una sorta di risveglio spirituale che li coinvolse poi in diverse iniziative di solidarietà. A conferma della sua forza la Grande Inter quattro mesi più tardi, il 27 maggio 1965, conquistò nuovamente la Coppa dei Campioni, battendo il Benfica 1-0. Si aggiudicò poi il 15 settembre dello stesso anno anche la Coppa Intercontinentale nella doppia sfida contro gli argentini dell’Independiente.