Oggi, sessant’anni fa, la prima promozione in A del Foggia di Don Mimì Rosa Rosa

60 anni fa, il 14 giugno 1964, il Foggia fu promosso per la prima volta in serie A. Lo storico traguardo fu raggiunto con una domenica di anticipo sulla fine del campionato.

A 180 minuti dal termine della stagione i rossoneri erano al secondo posto con 46 punti, a pari merito con il Cagliari, alle spalle del Varese (48) già promosso. Al quarto posto inseguiva il Padova a 43 punti. Nel penultimo turno di campionato il Foggia doveva affrontare fuori casa il Varese di mister Puricelli, il Padova era impegnato in casa con il Monza e il Cagliari a Udine.
Ai ragazzi di Oronzo Pugliese, reduci dall’amara sconfitta di Alessandria, avrebbe fatto comodo anche un punto per poi puntare tutto sul match casalingo contro il Venezia. L’allenatore disse ai suoi di non farsi illusioni: i biancorossi ci tenevano a chiudere la stagione in bellezza davanti al proprio pubblico e pensò di irrobustire il centrocampo inserendo il jolly Ghedini al posto dell’ala sinistra Patino.

A Foggia c’era fermento e attesa per un match tanto importante. La serie A era a un passo e in città ansia ed entusiasmo si mescolavano in un mix di sensazioni straordinarie. C’era grande ottimismo e l’euforia era alle stelle. Al centro e in periferia tutte le strade, balconi, finestre erano già addobbati con i colori rossoneri. Le foto dei Satanelli erano presenti in ogni vetrina dei negozi cittadini. L’inizio della partita era fissato alle 16.30, ma già due ore prima piazza Cavour di Foggia era affollata di tifosi rossoneri perchè “La Gazzetta del Mezzogiorno” aveva organizzato un collegamento telefonico con Varese dagli inviati Mario Gismondi e Luca Cicolella. In un pomeriggio caldissimo tra la folla c’ero anch’io con mio fratello Giorgio. Vissi intensamente quello che si rimarrà un appuntamento con la storia calcistica della città. La passione e il tifo dello stadio Zaccheria si erano trasferiti in massa in piazza Cavour. Dagli altoparlanti posti sul palazzo dell’Acquedotto Pugliese, dove aveva sede la redazione foggiana del quotidiano barese, ogni quarto d’ora arrivavano aggiornamenti da Varese e notizie anche sulle partite del Padova e del Cagliari. Dopo un paio di flash per confermare lo 0-0 di partenza, al 39’ l’annuncio del gol varesino di Traspedini ammutolì la piazza, che pochi minuti più tardi esplose di gioia, alla notizia del vantaggio del Monza a Padova e quello dell’Udinese sul Cagliari.
Con quei risultati, il Foggia, anche in caso di sconfitta, avrebbe conseguito la matematica promozione in serie A, ma c’erano da giocare ancora 45 lunghissimi minuti. Il numero di tifosi in piazza Cavour, provenienti da tutte le zone della città, aumentava a vista d’occhio. I sostenitori rossoneri avevano invaso anche parte della villa comunale e tutto il viale XXIV maggio, arrivando fino alla Stazione feroviaria. Al 20′ del secondo tempo il
il Varese segnò il secondo gol, ancora con Traspedini. I rossoneri reagirono subito e dimezzarono lo svantaggio con Oltramari servito da Nocera. Boato in piazza: dal nulla vennero fuori bandiere, sciarpe e striscioni rossoneri, come allo stadio.
Mancavano 25 minuti al termine della gara e Pugliese scatenò i Satanelli all’attacco per ristabilire la parità, ma il portiere varesino Lonardi sventò tutti i tentativi rossoneri decretando la sconfitta del Foggia.

Al fischio finale pacifica invasione di campo dei tifosi varesini. Oronzo Pugliese, dopo aver seguito in piedi tutta la partita, entrò in campo e invece di andare verso lo spogliatoio si mischiò alla folla. Dalla sua postazione di fronte alla tribuna centrale cercò con lo sguardo i suoi giocatori e mise le mani sul viso, per nascondere le lacrime andando verso il sottopassaggio. Sugli spalti c’erano migliaia di tifosi foggiani arrivati a Varese da ogni parte d’Italia. Rimasero impietriti per la delusione e restarono ai loro posti: il grande sogno di festeggiare la promozione sembrava svanito all’improvviso. Anche i giocatori rientrarono a testa bassa negli spogliatoi: non restava che attendere il risultato di Padova-Monza. A mezzora dalla fine i brianzoli vincevano 2-1 e con quel punteggio il Foggia, pur sconfitto, avrebbe potuto festeggiare, con un turno d’anticipo, lo storico sbarco in serie A.

Un aggiornamento telefonico da Padova confermò il punteggio a un quarto d’ora dal termine. La grande ansia durò fino a quando la radio confermò che il Padova aveva perso. Piansero di gioia tutti I giocatori rossoneri. Scoppiò il finimondo: grida, abbracci fra dirigenti, allenatore, calciatori e giornalisti. Tutti erano al settimo cielo, Oltramari e compagni non si resero conto subito della straordinaria impresa che avevano compiuto. Saltarono tappi di champagne, volarono gavettoni e la baldoria durò a lungo. Nocera disse: “Sono pazzo di gioia. Finalmente siamo in serie A. Non ci credo ancora. Abbiamo sudato tanto per questa promozione!”. Il Mago di Turi, raggiante, gridò: “È fatta! Alla faccia di tutte quelle malelingue che hanno sputato sentenze e invettive contro giocatori e società!”. Il Foggia tagliò il traguardo vittoriosamente con 90 minuti di anticipo insieme a Cagliari e Varese, anche loro alla prima promozione in serie A.

La gioia dei tifosi esplose incontenibile anche in piazza Cavour in una città in cui si respirava calcio in ogni angolo. I tanti tifosi urlavano di gioia sventolando bandiere rossonere. Molti si abbracciavano asciugandosi le lacrime con giovani e anziani, mischiati in una straordinaria gioia collettiva. Sembrava un miracolo. Chi poteva credere che quel gruppo arrivato due anni prima dalla C, facesse questo exploit? La città, da sempre innamorata del pallone, andò in Paradiso e festeggiò per tutta la settimana.

A Varese, il gruppo foggiano partì per Milano e andò a cenare in un ristorante vicino la Stazione Centrale. Lì continuarono i festeggiamenti: I tanti tifosi, mischiati a giornalisti, fotografi e curiosi riempirono il ristorante. Pugliese, Rosa Rosa, Nocera e Gambino furono i più festeggiati. La grande e rumorosa combriccola dauna trasmetteva un’allegria contagiosa. A capo tavola il presidente cercò di contenere l’entusiasmo ma non ci fu nulla da fare. Per una singolare coincidenza, nello stesso ristorante c’era anche la comitiva del Napoli, di ritorno dalla trasferta di Brescia. Musi lunghi al tavolo partenopeo perché il club stava per terminare il suo torneo di serie B con un deludente ottavo posto. Don Mimì, da buon padre di famiglia, guardando in continuazione l’orologio, ammonì i più ruspanti della cricca. “Ragazzi, è tardi! Volete perdere il treno?”. I suoi inviti caddero nel vuoto e la maggior parte dei giocatori si attardò nel ristorante. Il più euforico di tutti era don Oronzo che raccontò con foga e passione ai giornalisti i tanti capitoli gustosi della sua vita in panchina e di quanto avesse sudato e faticato per raggiungere la massima divisione. Il presidente fece segno più volte all’orologio. “Pazienza don Mimì – rispose il mister – prenderemo il prossimo treno”. Il tecnico si congedò dai cronisti invitandoli la domenica successiva allo Zaccheria per l’ultimo impegno stagionale con il Venezia. La mattina seguente alle 6.50 alla Stazione di Foggia un gruppetto di fedelissimi accolse la prima parte della comitiva rossonera. Fu il primo festoso abbraccio dei tifosi foggiani con i propri beniamini. Nocera fu preso d’assalto dai cronisti e portato in trionfo dai tifosi.
Il resto della comitiva foggiana arrivò in città dopo le 10 con il treno successivo. Ad attendere il convoglio c’era una folla enorme. Una marea di tifosi tributò ai giocatori un omaggio caloroso. La Stazione fu bloccata dai sostenitori foggiani, tutti muniti di bandiere, striscioni, cartelli, fischietti, trombe e cappellini rossoneri. I calciatori riuscirono a fatica ad arrivare dal sottopassaggio nel piazzale Vittorio Veneto e furono portati in trionfo. Le vie del centro furono paralizzate, da viale XXIV maggio a piazza Cavour arrivando fino a via Lanza. I festeggiamenti durarono senza sosta e in società arrivarono centinaia di telegrammi e messaggi di congratulazioni da altri club e vecchi giocatori. Ci furono gli auguri e le felicitazioni da Budapest, del vecchio tecnico Karoly che guidò i dauni alla fine degli anni Trenta. I festeggiamenti ufficiali erano in programma la domenica successiva, rima di Foggia-Venezia. I veneti scesero in Puglia motivatissimi per conquistare il punto-salvezza e con il proposito di giocare con il coltello fra i denti. L’incontro cominciò alle 16.30, ma già due ore prima lo stadio era pieno come un uovo con entusiasmo alle stelle. Squilli di tromba, rulli di tamburi, il vecchio Zaccheria era tutto colorato di rossonero e ribolliva di passione. C’era di tutto: diversi calciatori salirono insieme a Pugliese su un carretto trainato da cavalli, muli o forse asini, che fece il giro di pista. Il giornalista e scrittore Mario Pennacchia, firma di punta del Corriere dello Sport, ha raccontato nella sua opera “Il Calcio in Italia” quelle scene festose di entusiasmo. Scrisse, tra l’altro: “Fra risa, schiamazzi e osanna il corteo compie il giro sotto curve e gradinate gremite e sul cocchio don Oronzo appare tanto agitato che non si capisce se stia abbandonandosi a una danza sfrenata, oppure con quel mulinello delle braccia cerchi di ripararsi. Ripararsi, ma da chi o da che cosa? Sul campo e in particolare sul cocchio, in realtà viene lanciato di tutto: fiori, coriandoli e confetti, una grandinata di confetti. Quando il corteo torna stremato davanti alla tribuna, finalmente si può scoprire da che cosa il felicemente sfortunato don Oronzo ha cercato di ripararsi: proprio dai confetti fiondatigli sulla testa, sulla fronte, sul viso, duri e pungenti come sassi. Scende dal crocchio sbraitando come un ossesso e il fazzoletto con cui si asciuga il viso e che appare punteggiato di rosso spiega il perché della sua furia: confettato a sangue!”.
Sulla pista di atletica dello Zaccheria continuarono sfilate e cortei di tifosi con carretti, lambrette, furgoncini, bandiere e stendardi di ogni tipo. A Paolo Lazzotti, centrocampista della formazione, fu consegnato il premio “Stadio 1964”, quale miglior giocatore della serie B. Poi, targhe, medaglie e applausi per tutti. C’era anche la banda cittadina che intonava il ritmo brasiliano del cha-cha-cha. Qualche minuto di gloria toccò anche ai giovani allievi del Nagc di Vittorio Eronia, fra i quali c’ero anch’io, con un giro di pista sventolando bandierine rossonere. Il Venezia partì determinato per raggiungere il proprio obiettivo e dopo nove minuti segnò con Salvemini. I Satanelli scesero in campo storditi dalla grande gioia per l’impresa compiuta: molti di loro erano con la testa già in vacanza e non riuscirono a chiudere in bellezza la stagione. La loro reazione si scontrò con la giornata di grazia del portiere Bubacco, autore di diversi interventi decisivi. Fu quella l’unica sconfitta in casa, tra l’altro arrivata dopo 14 mesi d’imbattibilità interna in 22 gare allo Zaccheria. Nessuno ci fece caso tanta era la felicità per la prima promozione in serie A.

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