La vicenda dello Iacovone di Taranto è tutt’altro che chiusa.
Anche oggi, per la seconda volta consecutiva, lo Zaccheria sarà privo di spettatori.
Stasera il provvedimento se lo intesta la giustizia sportiva che così ha deciso di punire il lancio di fumogeni e petardi durante la gara sul terreno di gioco e verso il settore occupato dai tifosi di casa.
Nel provvedimento del 5 settembre scorso (link) si motiva la decisione non solo in relazione ai danni effettivamente provocati da tali azioni, nessuna per i supporter tarantini e un’escoriazione al braccio di un Vigile del fuoco che era in campo, ma perché – cito testualmente – “la intrinseca pericolosità dello stesso prescinde dalle effettive conseguenze provocate”.
In merito a quanto accaduto a fine partita, invece, il giudice sportivo ha chiesto alla Procura Federale di accertare “i fattori eziologici che hanno determinato l’incendio”.
Il criterio di valutazione della sanzione è, quindi, duplice: aver provocato o meno dei danni e l’aver determinato una situazione di potenziale rischio per l’incolumità di persone o cose.
Ma è così anche negli altri casi?
Dipende.
Per situazioni molto simili che hanno riguardato Perugia e Pescara, nella successiva giornata (link) sono state comminate due ammende rispettivamente da 2.000 e 1.000 euro per il lancio di analogo materiale e non si fa cenno alla pericolosità di tali comportamenti.
Le azioni, deprecabili e da condannare, sono le stesse, ma un’escoriazione all’avambraccio può bastare a giustificare una tale differenza nelle sanzioni applicate?
A mio avviso, ciò che ha influenzato la frettolosa decisione di chiudere lo Zaccheria nel pieno della campagna abbonamenti, con evidenti danni per tifosi e società, è esclusivamente ciò che è successo dopo il fischio finale: l’incendio di materiale infiammabile collocato sotto gli spalti dello stadio.
Il grave rischio corso dagli spettatori presenti, soprattutto – ma non solo – i foggiani, ha condizionato le reazioni del Giudice sportivo e dell’Osservatorio per la sicurezza, anche se formalmente le loro determinazioni sono state prese per ragioni diverse, come puntualmente esposto a giustificazione dei durissimi provvedimenti adottati.
Sulla sconsiderata presenza di materiale pericoloso all’interno dell’impianto sono stati già sollevati interrogativi pesanti da più parti.
Ricordo una delle pietre miliari della legislazione in materia: il Decreto ministeriale del 18 marzo 1996 che detta le Norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi.
L’articolo 15 si chiude così: “… È comunque vietato il deposito di sostanze infiammabili, salvo i limitati quantitativi necessari per usi igienicosanitari”.
Qualcuno dovrà spiegare perché questa ed altre norme non siano state rispettate, chi le abbia violate e chi, potendo e dovendo vigilare sulla loro applicazione, abbia omesso di farlo.
La semplicistica teoria della responsabilità unica in capo ai supporter rossoneri che hanno lasciato cadere un fumogeno sui materiali poi rivelatisi infiammabili non regge visto che il pericolo non solo non era segnalato al pubblico, come vorrebbe un’altra delle regole ignorate, ma probabilmente neppure noto alle stesse forze dell’ordine presenti.
Questo è un punto determinante e va sottolineato.
La mancata presenza di un avviso di pericolo scagiona completamente i tifosi, prime potenziali vittime del rischio che si è corso, visto che il lancio di fumogeni e materiale pirotecnico nel proprio settore, lontano da altre persone, non è sanzionato neppure dal giudice sportivo.
Basta leggere i comunicati della Lega pro del 5 e del 12 settembre (link 1 e link2) dove vengono elencate ben 18 società nel primo e 12 nel secondo (fra cui il Taranto!) i cui sostenitori hanno “introdotto nell’impianto sportivo ed utilizzato esclusivamente nel proprio Settore, materiale pirotecnico di vario genere (petardi, fumogeni e bengala), rispetto al cui uso non sono state segnalate conseguenze dannose”.
Ebbene, per tali azioni il Giudice sportivo ha deliberato di “non adottare provvedimenti sanzionatori”.
In pratica, l’utilizzo di fumogeni nel proprio settore, quando non comporta conseguenze dannose, non è punito.
Questo è un fatto incontrovertibile e verificabile.
Allo Iacovone, quindi, i fumogeni utilizzati a fine gara e lasciati cadere in maniera corretta sotto il proprio settore e lontano da persone hanno prodotto danni non a causa dell’utilizzo sbagliato da parte di tifosi rossoneri, ma per la sciagurata, pericolosa e criminale presenza di materiale che non doveva essere collocato lì visto che è proprio quello il posto dove si possono lanciare senza far danni e incorrere in sanzioni.
Come succede spesso, il conto da pagare per gli errori, veri o presunti, dei tifosi è sempre salatissimo, tempestivo e indiscriminato.
Ci sarà la stessa solerzia nei confronti dei veri responsabili del rogo dello Iacovone?