Il girone di ritorno dei rossoneri si chiude con meno punti di quello d’andata.
La fotografia del lento degrado di questa squadra è tutta racchiusa in questi numeri.
A parte i sostenitori “a prescindere” dell’operato della società, sempre più silenti a dire il vero, è chiaro a tutti che l’ignominioso campionato appena concluso rappresenti un fallimento, un esempio di ciò che non si deve fare per non rischiare seriamente di perdere la categoria.
A mio avviso, però, Il bilancio negativo non deve dare la stura a stucchevoli recriminazioni fini a sé stesse, ma va colto come occasione collettiva per far tesoro degli errori commessi e voltare pagina.
In primo luogo, c’è da auspicare un chiarimento da parte della proprietà.
Atteso che il rituale estivo delle fantomatiche imminenti cessioni, puntualmente smentite, sembrano più alibi per giustificare gli errori del presente che concrete possibilità di svolta per il futuro, è a Nicola Canonico che va chiesto con forza un cambio di passo nella comunicazione con la piazza.
Spieghi il patron cosa vuole fare, quali obiettivi si pone e come vuole organizzare il Calcio Foggia 1920 per la prossima stagione.
Lo faccia senza le esagerazioni verbali che hanno fatto danni negli ultimi tre anni, dividendo il popolo rossonero e aggiungendo problemi a problemi.
Lo faccia in maniera serena, scegliendo bene le parole per evitare equivoci e dubbi interpretativi.
La chiarezza e la sincerità sono determinanti per ricostruire un rapporto con l’ambiente che lui per primo, sia pure forse inconsapevolmente, ha destabilizzato con esternazioni deleterie.
Faccia, quindi, le sue scelte il Presidente, rifletta sull’opportunità di aggiungere professionalità e competenza nei ruoli chiave, magari prendendo spunto dagli esempi vincenti di chi ha speso meno, ma ha raggiunto risultati d’eccellenza.
Si assuma, insomma, le sue responsabilità non solo economiche ma anche morali nei confronti di una storia che non ha vissuto personalmente prima del suo arrivo in Capitanata, ma che ora lo vede, piaccia o no, protagonista.
È una questione di rispetto.
Anzi, di dignità.