Correva l’anno 2010 quando, in una domenica di fine maggio passata alla storia per il famoso “triplete” dell’Inter di Mourinho, vincitrice della Champions League contro il Bayern Monaco, una tennista milanese di nome Francesca Schiavone riportava dopo 34 anni l’Italia sul tetto del mondo del tennis, vincendo il Roland Garros a Parigi dopo l’ultima impresa di Adriano Panatta datata 1976.
Sembrava una meteora, quasi un caso, ma la Schiavone quel 22 maggio non è stata che l’apripista di una grande escalation del tennis nostrano che è cominciata tutta al femminile con le imprese della Errani e della Vinci in singolare e particolarmente in doppio (vincitrici di tutti e 4 gli Slam), poi della brindisina Flavia Pennetta, trionfatrice in terra americana al Master 1000 più prestigioso al mondo (Indian Wells), ma soprattutto strabiliando tutti vincendo a 33 anni nel 2015 lo US Open (prima tennista italiana a conquistare un Major fuori dall’Europa), per non parlare di una serie innumerevole di vittorie di squadra in Fed Cup (la Devis al femminile).
Inevitabilmente, per una naturale emulazione, i successi del tennis femminile hanno avviato e scoperto in questo sport grandissimi talenti anche nel settore maschile. Così, dopo buoni ma non eccezionali giocatori come Canè, Camporese, Nargisio, Volandri e Fognini, ecco che con il lento tramonto delle stelle del tennis al femminile (oggi comunque ben rappresentato da Jasmine Paolini, 7ª del seeding), sono venuti fuori una serie di giovanissimi campioni che, finita l’epoca delle leggende inarrivabili di Federer, Nadal e Djokovic, stanno affermandosi ovunque, su tutte le superfici, arrivando in finali o vincendo tornei che non ci avevano visti protagonisti nemmeno ai favolosi tempi di Pietrangeli e Panatta.
Il primo campione a proporsi decisamente all’attenzione nazionale è stato Matteo Berrettini, l’uomo di Wimbledon del 2021, il primo italiano ad arrivare in finale dopo oltre un secolo di storia in una delle competizioni sportive più prestigiose del pianeta, sconfitto in 4 set solo dall’imbattibile Djokovic. Poi Musetti, Sonego, Cobolli, giovanissime e grandissime promesse, ma soprattutto lui, non un campione ma un fuoriclasse, il numero uno al mondo (mai successo a un italiano), quel Jannik Sinner che piano piano ha conquistato il cuore di tutti in Italia, vincendo l’anno scorso 3 volte su 4 contro Nole Djokovic in solo due mesi (record ineguagliato contro il tennista più vincente di sempre) e ci ha regalato prima la Coppa Devis per Nazioni dopo 47 anni, ma innanzi tutto ci ha incantato vincendo tornei prestigiosissimi, oltre il suo primo Slam all’Australian Open (e così il tennis italiano ha finalmente iscritto almeno un vincitore al femminile o al maschile in tutti e 4 i Major dopo più di un secolo).
Oggi il tennis è fra gli sport più seguiti al mondo, soprattutto nei 4 tornei principali, con miliardi di telespettatori e un giro d’affari di centinaia e centinaia di milioni di dollari. Per questo avere un italiano al numero uno del Ranking ATP ha scatenato una vera e propria mania per questo giovane altoatesino che poche ore fa ha battuto in una partita tiratissima a Wimbledon (7-6 7-6 2-6 7-6 il risultato finale) proprio quel Matteo Berrettini che sembra essere tornato in una forma eccezionale dopo tre anni di tribolazioni fisiche e che presto credo rivedremo protagonista ad altissimi livelli.
Intanto a Londra le soddisfazioni per noi non sono finite. C’è un Fabio Fognini rinato che a 37 anni batte Casper Ruud (n. 8 al mondo) e passa al terzo turno a 37 anni, mentre Jasmine Paolini fra le donne passa facilmente il secondo turno in attesa domani di un ulteriore derby tutto italiano – di nuovo al maschile – fra Lorenzo Musetti e Luciano Darderi (altra promessa italiana) che si giocano l’ingresso ad uno storico terzo turno.
Insomma, grazie a Sinner e ai ragazzi e le ragazze del tennis azzurro, è questo sport che sembra aver sostituito nel cuore degli italiani il posto abbandonato dallo squallore del calcio tricolore. Uno sport “pulito”, rimasto sempre lo stesso dai tempi di Bjorn Borg, dove vinceva e vince ancora sempre il migliore, e gli arbitri o le federazioni non possono condizionare i risultati. Ma soprattutto dove non esistono partite truccate, perché chi suda e si allena per 10 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno, con pochissimi svaghi, diete ferree e sudando mille camice per superare l’avversario di turno, non si sognerebbe mai di vendere i suoi sacrifici e il sogno di arrivare più in alto possibile per un pugno di dollari.
Il direttore