Nadal, il triste addio non solo di una leggenda del tennis, ma di un signore dello sport

Per chi ama lo sport l’addio di un campione è sempre qualcosa che lascia storditi. Se una squadra di calcio, piuttosto che di basket o di pallavolo, periodicamente si rigenera, come l’araba fenice, non conoscendo tempo nè età, nelle discipline individuali l’atleta segue ineluttabilmente la parabola della vita. Oggi sei il migliore, domani il tempo infierisce e inevitabilmente, anche il più forte, deve arrendersi all’età.
E così, anche per Rafael Nadal da Manacor, The King of Clay, il tennista capace di vincere 14 tornei sull’argilla del Philippe-Chatrier al Roland Garros di Parigi, è arrivato il momento di dire basta allo sport che con Roger Federer e Nole Djokovic, suoi irriducibili e inimitabili rivali per vent’anni, ha contribuito a rendere fra i più seguiti al mondo, più di quanto non fecero in altra epoca grandi campioni come Bjorn Borg, Jimmy Connors e John Mc Enroe.
In questi momenti è facile cadere nella retorica ricordando vittorie su vittorie, record, imprese, partite memorabili. Ci piace invece partire da quegli occhi lucidi nel triste filmato del commiato per ricordare non la leggenda, ma l’uomo, lo sportivo, che questa leggenda ha saputo “indossare” in tutti questi anni con leggerezza, umiltà, rispetto per gli avversari e per il pubblico, diventando un esempio da seguire non solo per lo straordinario talento nel manovrare la racchetta col braccio mancino, i suoi terrificanti dritti “arrotati” incrociati, per i recuperi impossibili, la strabordante fisicità, la forza mentale, la concentrazione, ma soprattutto per il suo comportamento irreprensibile fuori e dentro dal campo.
Nadal potremmo celebrarlo per i suoi successi, ma invece vogliamo immortalarlo in due momenti diversi: in azione dietro la rete e nella vita di tutti i giorni, due momenti che ci raccontano appunto della sua umanità, perchè per la sua assoluta grandezza da tennista ne parleranno abbastanza gli almanacchi per i decenni a venire.
Il primo succede a Melbourne, gennaio 2014, finale degli Australian Open. Nadal affronta Stan Wrawrinka, campione svizzero che ha inesorabilmente sempre battuto nei 12 precedenti match senza mai concedere un set. Rafa non è in grado di scendere in campo, ma il rispetto per il suo rivale, per il pubblico, l’amore per il tennis è superiore a tutto. Gioca, nonostante tutto, riesce a contenere lo svizzero per un set, che perde comunque 6-3, poi i problemi alla schiena sono evidenti, quasi imbarazzanti. Chiunque avrebbe abbandonato, non Nadal che sa bene avrebbe perso, peggiorando la gravità del suo infortunio, ma avrebbe rovinato lo spettacolo e soprattutto il piacere della prima vittoria slam al suo avversario. Stan lo capisce, sul 2-0, gli concede l’onore di vincere almeno un set, il terzo, per 6-2, per poi chiudere al quarto 6-3 e portarsi a casa il prestigioso trofeo. Ancora una volta chiunque avrebbe giustificato la sconfitta con l’infortunio, ma non Rafael Nadal, che tributa tutti i meriti a Wrawrinca, dando un esempio fulgido e unico di cultura dello sport oltre che di sportività.
Il secondo episodio succede a Maiorca. È l’ottobre del 2018. Sull’isola si abbatte un terribile maltempo. L’alluvione fa 10 morti, tanti feriti e senzatetto, e danni ingenti ovunque. Nadal offre subito il suo generoso contributo economico alla popolazione, la sua gente, ma non gli basta. Come un qualsiasi soccorritore, inaspettato, accorre nei luoghi più disastrati e con stivaloni, guanti e pala aiuta per ore e ore a liberare dal fango le abitazioni invase dall’acqua, fra lo stupore dei presenti, senza cameramen o fotoreporter al seguito in cerca di facile pubblicità.
Questo è Rafael Nadal, un tennista che chi scrive ha molto amato sin da quando perse la sua prima finale a Wimbledon, contro Federer, senza farne un dramma perchè sapeva riconoscere la superiorità dell’avversario senza problemi, scuse o sceneggiate. Perchè sapeva perdere, ma soprattutto perchè sapeva vincere – dote senz’altro più rara – senza proclami, urla, magliette strappate o rivalse da esplicitare. Nessuna vita mondana, nessun eccesso, pochissimi e rarissimi spot pubblicitari. Una sola donna, Maria Francisca “Xisca”, ragazza acqua e sapone conosciuta a scuola, e portata sull’altare dopo 14 anni di vita insieme e un figlio, Rafael Junior, che chissà se un giorno saprà rinverdire nel circuito il prestigioso nome del padre.
Il tennis oggi è dunque più povero. Come lo stesso Nadal ha malinconicamente ammesso, tutto ha un inizio e soprattutto una fine. Una legge semplice della vita, come semplice e gentile nello sport è stato lui.
Chi ama il tennis, dopo la sua ultima uscita alle prossime Finals di Coppa Devis con la sua amata Spagna, perderà non tanto una vera e propria “leggenda”, ma soprattutto un vero signore, un uomo a cui chiunque voglia intraprendere una carriera da protagonista dovrebbe ispirarsi, un atleta come ce ne sono stati davvero pochi nella storia dello sport all time.

Nella foto: un momento del video d’addio di Nadal

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